Al fine di approfondire gli obblighi di sicurezza connessi all’utilizzo sicuro dei carrelli elevatori, carrelli elevatori novara, va segnalata una esauriente decisione della Corte di legittimità:
“Il carrellista, che pure proceda in retromarcia, ha l’obbligo derivante dalla comune prudenza di controllare, prima di varcare un’apertura con strisce in plastica senza visibilità, la presenza eventuale, in prossimità ed oltre la porta, di persone in movimento.
Trattasi infatti di ipotesi prevedibile, che rende doverosa la indicata cautela qualora le strisce in plastica siano divenute del tutto opache per sporcizia, non consentendo la visibilità oltre la porta.
La mancanza di visibilità nello svolgimento delle manovre con il carrello elevatore deve indurre il conducente a una maggiore attenzione.
Il direttore dello stabilimento deve mantenere i passaggi pedonali in condizioni idonee e le strisce apposte sulle porte utilizzate dai carrelli in condizioni di efficienza, e cioè tali da consentire la visibilità oltre le porte, conformemente alle prescrizioni del D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, artt. 8 e 374. In tal senso è irrilevante ai fini della penale responsabilità dell’imputato la circostanza che il passaggio laterale della porta a strisce fosse inibito ai pedoni, e che il lavoratore investito dal carrello avesse violato tale divieto, non dovendosi ritenere tale condotta interruttiva ed eccezionale rispetto ai comportamenti illegittimi del dirigente che ha consentito la circolazione del carrello in condizioni obiettive di pericolo”[ Corte di Cassazione, sezione IV penale, 30 ottobre 1999, n. 12319, Pres. Frangini, P.M: Fraticelli (conf.) ric. Invernizzi e altro].
La sentenza fa riferimento alla condanna, confermata dalla Suprema Corte, di un carrellista e del direttore dello stabilimento per l’investimento di un lavoratore causato dal conducete del carrello elevatore che procedeva in retromarcia attraverso una porta con bande in plastica rese opache dall’usura del tempo.
Ciò contravvenendo agli obblighi di sicurezza di cui agli art. 8 (vie di circolazione) 374 (efficienza delle attrezzature di lavoro) del D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547.
Come è noto, viene definito elevatore il carrello per la movimentazione atto a sollevare, trasportare, accatastare, immagazzinare in scaffalature carichi di qualsiasi genere, e può essere a forche sollevabili (frontali o laterali), a piattaforma (fissa o sollevabile), con conduttore a bordo (in piedi o seduto) o a terra. Il motore può essere elettrico, a benzina, a gasolio, a gas (metano o gas liquido) (cfr anche D. Lgs. 10 settembre 1991 n. 304).
La giurisprudenza, sia di legittimità che di merito, si è pronunciata a più riprese sulla materia di carrelli elevatori, carrelli elevatori novara, enunciando in modo chiaro i molteplici obblighi gravanti in materia sul datore di lavoro, sui dirigenti e sui preposti.
Per quanto riguarda l’obbligo di disporre ed esigere (richiedere) l’osservanza delle misure di sicurezza [art. 4 comma 1 lett. c) D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547 e D. Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 art. 4 c. 5 lett. f], se è vero che «la condotta omissiva del richiedente in uso il carrello, concretizzatasi nel non aver specificamente richiesto un elevatore completo di protezione e nel non aver controllato che effettivamente il tetto vi fosse non integra la fattispecie di cui all'art. 437 c.p.[rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro]», tuttavia il preposto «è responsabile della morte dell'operaio per non aver dato istruzioni sull'uso del carrello irregolare, per non aver vigilato sulle operazioni di carico e scarico» (Tribunale di Torino, 30 maggio 1978, Azzolini e altro).
Ugualmente, «in tema di misure antinfortunistiche, un carrello elevatore, tipo caterpillar, deve essere inquadrato tra i mezzi di sollevamento e di trasporto, siccome previsto dall'art. 169 del D.P.R. 27 aprile 1955 n. 547, ai fini della disciplina della stabilità del mezzo e del suo carico»: «ne consegue che, qualora parte del materiale movimentato con un tale carrello, per non essere stato bene assicurato, venga perso, causando la morte di una persona, di questo evento ne risponde sia il conducente del carrello elevatore, sia colui che era tenuto a sorvegliare sulla puntuale applicazione della normativa antinfortunistica» (Corte di Cassazione Penale, 20 febbraio 1989 n. 2807, Moscato e altri ).
Nella fattispecie, su una banchina portuale, il conducente di un carrello elevatore "Caterpillar", carico di bollette di legname scaricate da una nave, al fine di non investire un dipendente di una compagnia portuale addetto allo scarico di grossi tronchi da una nave, frenava improvvisamente il carrello. A seguito di tale frenata le bollette di legno venivano catapultate a terra, rovinando su un lavoratore che decedeva poco dopo, a causa delle lesioni patite.
Dal rapporto dell'Ispettorato del lavoro emergeva che al momento dell'incidente il carrello "Caterpillar" guidato dal conducente dello stesso aveva una velocità di 13 Km. orari e che a causa della brusca frenata il carico appoggiato sulle forche e costituito da tre bollette era stato scaraventato ad una distanza di oltre quattro metri, travolgendo la vittima; che le tre bollette non erano legate al mezzo, in violazione dell'art. 169 del D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547 ecc.
L’art. 169 del D.P.R. n. 547/1955 prevede esplicitamente, a pena di sanzione penale, che “nell'esercizio dei mezzi di sollevamento e di trasporto si devono adottare le necessarie misure per assicurare la stabilità del mezzo e del suo carico, in relazione al tipo del mezzo stesso, alla sua velocità, alle accelerazioni in fase di avviamento e di arresto ed alle caratteristiche del percorso”.
Con altra sentenza del giudice di merito venne affermata la penale responsabilità, per colpa, del titolare di una impresa edile e del titolare dell'impresa edile assuntrice dei lavori di posa in opera dei pannelli di tamponatura in ordine alla morte di un operaio dipendente dalla impresa gestita dal titolare dell'impresa edile, caduto da un'altezza di circa sette metri, mentre si trovava, in precario equilibrio, sul castelletto, sfornito di parapetto, montato sulla forca di un carrello elevatore (predisposto per il solo sollevamento di merci), intento a montare pannelli di tamponatura della copertura di un capannone industriale.
A causa della cattiva manutenzione dell'attrezzo, e quindi in dispregio delle chiare prescrizioni contenute nell’art. 374 del D.P.R. n. 547/1955, in particolare per la rottura di alcuni perni, tramite i quali la forca del carrello doveva rimanere fissata alla relativa piastra, il castelletto assunse posizione inclinata e l'operaio, privo di qualsiasi protezione e autonomo appoggio, cadde al suolo con conseguenze letali.
Confermando il giudizio di merito, la Cassazione ha sottolineato, sotto il profilo dei principi generali di diritto applicabili al caso di specie, che «dal combinato disposto degli articoli 2087 del codice civile, 4 D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547, 9 legge 20 maggio 1970, n. 300, si evince la regola per la quale ricade sull'imprenditore l'obbligo di tutelare l'integrità fisio-psichica dei dipendenti mediante l'adozione - ed il mantenimento - di presidi antinfortunistici atti, secondo le comuni tecniche di sicurezza, a preservare i lavoratori da rischi connessi alle varie fasi di attività, anche in relazione ad atti imprudenti che essi possano porre in essere a causa della ripetitività di operazioni elementari, ovvero dei ritmi di lavoro, o, ancora, per ben prevedibili momentanee assenze di attenzione, e, altresì, di impartire direttive ed istruzioni idonee a rendere edotti i dipendenti dei rischi connessi alla mancata attuazione dei presidi e alla evasione delle disposizioni, vigilando, quindi, con prudente e continua attenzione, lacchè i mezzi di tutela siano effettivamente attuati, anche contro la volontà degli stessi addetti, e le direttive impartite siano rispettate in ogni occasione» (Corte di Cassazione Penale - Sez. IV, 23 febbraio 1993 n. 1760, Iacono e altro ). |